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Visibilità, una parola chiave

Visibilità, una parola chiave
Che cosa significa oggi visibilità? Cosa significa farsi trovare, farsi riconoscere...significa in pratica aumentare il volume di affari di un'azienda, di un'attività commerciale, significa rendere un prodotto, un marchio, un brand conosciuto ai più, desiderato, ricercato, rendersi indispensabili al mercato, significa dare luce ad un personaggio, dargli voce e parole, renderlo riconoscibile e affidabile.. Visibilità è oggi il sostantivo chiave della Comunicazione. Pubblicità è un vecchio nome ma non esiste più, esiste la Comunicazione, quella con la C maiuscola, perché ormai ha fagocitato tutto quanto significa DIRE, PARLARE, RACCONTARE, MOSTRARE… Ecco perché 365 modi per dire agli altri chi sei e cosa fai perché ogni giorno c’è una nuova idea per parlare di te e noi ce l’abbiamo. Comunicare ormai è il senso definitivo del porgersi agli altri, è l'immagine delle parole, parole che si muovono e raggiungono l’obiettivo, il pensiero che diventa messaggio. Ma non solo, non c’è soltanto l’immagine, e nemmeno solo la penna o la tastiera: c’è la voce. La voce che dice, che annuncia, che racconta, la voce che parla di te... Le soluzioni sono davvero molteplici, sfaccettate e assolutamente creative. Chiedi di noi...verificherai che possiamo essere una garanzia per la tua promozione sociale!!

Dire, fare, parlare, trecentosessantacinque modi per dire agli altri chi sei e cosa fai...

Comunicare l'un l'altro, scambiarsi informazioni è natura; tenere conto delle informazioni che ci vengono date è cultura"
Johann Wolfgang Goethe






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martedì 10 maggio 2011

Chi è la Blogger

La Blogger sono io, fagocitata dal web ma giornalista d'annata!!

Sono una giornalista, sì, all'occorrenza scrittrice demodè, e raccontafatti per nipotini stanchi. 
Sono una giornalista. TENGO il tesserino, come diciamo a Napoli e dimentichiamo di avere una laurea umanistica che dovrebbe consentirci di parlare l'italiano SEMPRE correttamente. 
Sono una giornalista e non ho mai voluto fare niente altro che questo. Oggi ci dicono comunicatori, o anche collaboratori stampa, e qualche volta pure dispregiativamente, scribacchini. Ma io sono una giornalista. Il mio primo tema, all'epoca si chiamava composizione, alle scuole elementari portava questo titolo: COSA VORRAI DIVENTARE DA GRANDE? Ed io che ero una vivace bambina della terza classe, scrissi fieramente: LA FOTOREPORTER! 
Beh, non è che ci sia proprio riuscita, ma nel dna vi erano chiare tracce. 

Sono una giornalista e ne sono orgogliosa. Come una razza, una fede, uno spirito di corpo. E un pò mi giustifico, come un marchio, come una colpa, come un errore ancora non riparato.Sono una giornalista. 
Ho l'occhio attento. La notizia la "sento" subito. Se non la sento, la cerco. Mi piace scrivere ma anche osservare. E poi raccontare, perchè invero, questo fa un giornalista, racconta. Ciò che vede, ciò che sente, ciò che gli è sembrato di vedere, ma deve dirlo: mi è sembrato di vedere. Sono una giornalista che non solo scrive, ma parla, parla tanto e lo fa in radio, parla e fa parlare.
Sono una giornalista e non so fare null'altro. So fare le domande. Mi vengono spontanee. La curiosità è parte del mio corredo biologico. So chiacchierare, tanto. Ma anche poco e all'occorrenza. So intervenire. Mi piace intervenire all'uopo e dire la mia se serve. So stuzzicare le conversazioni e tirar fuori le emozioni. So parlare con berlusconi ma anche con pasqualino marajà. So litigare e so moderare. So scrivere alla tastiera del pc, ma so usare ancora molto bene la penna, bic se è possibile. E infine so scrivere. Sembrerebbe la prima cosa da saper fare ma invece non lo è più, eppure ancora fa la differenza. 
Sono una giornalista. E per di più, una giornalista napoletana. I giornalisti, dicono, muoiono presto, scrivendo cento cose tutte insieme e cercando altrettanto storie buone da raccontare. I giornalisti napoletani muoiono prima, colti da un raptus nel mezzo di un articolo per il solito quotidiano, una telefonata alla fonte, una email al collega che ti dà la dritta, la presentazione di una conferenza stampa, il comunicato per fare un piacere all'amico, l'sms all'assessore che domani dovrà intervistare, il colloquio con il direttore e una litigata col caposervizio, il rimontaggio della pagina all'ultimo momento, il taglia e cuci del file dell'intervista appena scaricato sul pc... 
Sono una giornalista. Ho fatto una dura gavetta consumando le suole, rincorrendo autobus a scrocco, scrivendo per centomilalire al mese, che ancora c'erano le lire. 
Sono una giornalista e ho fatto un casino di figuracce, ho scritto anche un monte di cagate, ho di certo offeso qualcuno, ho messo nero su bianco cose che non mi piacevano e che non avrei voluto dire. 
Ma ho anche buttato giù belle parole, pubblicato cose che nessuno ancora sapeva, intervistato qualcuno a braccio senza aver preparato il canovaccio. E ci sono state volte in cui sono stata chiamata perchè "solo io" avrei saputo affrontare quell'argomento senza affossarlo, altre ancora nelle quali ho fatto le mie scuse a coloro che involontariamente avevo toccato. Ricevuto qualche bel complimento e invero, molte molte soddisfazioni. 
Sono una giornalista sindacalista, la specie peggiore. Sono una giornalista senza ambizione di carriera, la specie peggiore. Sono una giornalista non stacanovista, la specie peggiore!
Sono una giornalista, non dimentico chi mi ha insegnato il mestiere, non temo di riconoscere il talento in un altro, non sono paga di imparare ancora e ancora emozionarmi nel nuovo.
Sono una giornalista. Mi piace essere una giornalista. Mi piace parlare con la gente e guardarla negli occhi e domani farle fare bella figura nero su bianco. Non mi piace scrivere sul (e non del) dolore di chi soffre. non mi piace approfittare della fiducia di chi mi parla, non mi piace scrivere solo per apparire. Sono una giornalista, mi piace informare. 
Sono ciò che sono, questo ed altro e sono qui a fare il mio lavoro.

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